Secondo Welfare – Come viene speso il welfare aziendale? Viaggio dentro i dati di un provider



Abbiamo ricostruito le spese fatte da lavoratori e lavoratrici che transitano dalla piattaforma di welfare aziendale di TreCuori. Gran parte delle risorse finisce nelle voci previste dalla normativa, soprattutto in viaggi e nelle spese per i figli. Ma negli ultimi anni è cresciuta la quota dei fringe benefit.

 

Come sono spese oggi le risorse dei piani di welfare aziendale? A questa domanda non è semplice dare risposta. Per cercare di avere le corrette informazioni abbiamo chiesto a TreCuori, società benefit che opera come provider nel mercato del welfare aziendale, di condividere con noi alcuni dati e informazioni interessanti per comprendere meglio come imprese, lavoratori e lavoratrici spendono il budget welfare.

Il welfare aziendale transato da TreCuori

Tra gennaio 2017 e aprile 2024 la piattaforma di TreCuori ha transato oltre 123 milioni di euro in welfare aziendale. In totale è stata utilizzata da quasi 4.000 aziende e da oltre 75.000 dipendenti delle stesse; sono inoltre stati coinvolti quasi 19.000 erogatori e fornitori di beni e servizi nell’ambito del welfare aziendale.

Dei 123 milioni di euro transitati sulla piattaforma di TreCuori, la fetta più grande, pari a 77 milioni, sono stati in spesi in rimborsi, servizi e prestazioni di welfare previsti dalla normativa. Mentre i restanti 46 milioni riguardano i fringe benefit (di cui si parlerà dopo in maniera approfondita), cioè quell’insieme di sostegno al reddito di lavoratori e lavoratrici che prevede specifici benefici fiscali per le imprese che li erogano e che solitamente sono veicolati tramite buoni benzina, card o voucher acquisto da spendere presso catene commerciali o negozi (anche della grande distribuzione online).

Dei 77 milioni di euro spesi in servizi e rimborsi, che in totale hanno interessato 44.000 dipendenti e 18.000 fornitori, la fetta maggiore ha riguardato viaggi e vacanze (31% circa), rimborsi per l’istruzione per i figli (19%) e i buoni pasto (14%). Seguono poi salute e sanità integrativa (7%), previdenza complementare (7%), sport (7%), cultura e tempo libero (4%), altri servizi per l’infanzia (3%). La parte restante si divide in assistenza per familiari anziani o non autosufficienti, rimborsi per il trasporto pubblico, formazione, polizze assicurative, interessi di mutui e prestiti.

Come ci ha spiegato Alberto Fraticelli, co-Fondatore e Direttore di TreCuori, “la prima voce è quella dei viaggi perché con TreCuori diamo molte possibilità direttamente attraverso la nostra piattaforma. La normativa del welfare aziendale stabilisce che i viaggi debbano essere veicolati tramite dei ‘pacchetti’, senza che siano personalizzabili, cioè creati su misura per i singoli che ne fanno richiesta. A differenza di molte piattaforme che utilizzano i famosi smartbox noi abbiamo scelto un’altra strada: lavoriamo con le strutture per dare maggiori possibilità alle persone. In questo modo possiamo contare su una grande varietà di pacchetti, grazie anche al coinvolgimento delle piccole realtà locali”.

Quindi non si personalizza, ma si diversifica molto di più. Questo anche grazie alla partnership con TreAli, un’agenzia viaggi partner di TreCuori nata per supportare le altre agenzie viaggi dei vari territori e le svariate attività ricettive (hotel, B&B, camping, ecc.); in sostanza un interlocutore che facilita le altre agenzie e i vari operatori turistici dei territori nella creazione di “pacchetti” coerenti con quanto previsto dalla normativa del welfare aziendale.

La seconda voce di spesa, come detto, è legata all’istruzione dei figli di lavoratori e lavoratrici. Si tratta di quasi 15 milioni di euro in totale che riguardano molte attività: dalle mense scolastiche ai doposcuola, dalle rette universitarie agli asili nido. Fraticelli spiega che “oltre 1 milione di euro riguarda i libri scolastici. Su questo abbiamo fatto un ragionamento importante. Ci siamo detti di provare a valorizzare le piccole attività sul territorio – come le cartolibrerie, le edicole e i piccoli supermercati che offrono questo servizio – piuttosto che i grandi player online, come Amazon. Per questo abbiamo recentemente implementato la possibilità di spendere il conto welfare destinato ai libri scolastici tramite MarketPass, una piattaforma di commercio on-line, riservata solo alle piccole e medie imprese (di cui Secondo Welfare ha parlato qui, NdR)”.

La spesa per i fringe benefit

Sono invece 46 i milioni di euro che, nel corso degli ultimi 6 anni, sono stati spesi in fringe benefit. Si tratta di una cifra che – come ci dice Fraticelli – “è cresciuta soprattutto nell’ultimo triennio”. Questo in particolare a seguito degli interventi da parte del Legislatore che hanno aumentato a più riprese la soglia dei fringe (ne abbiamo parlato recentemente qui) per aumentare la capacità di spesa delle famiglie in momenti di potenziale difficoltà economica a causa della pandemia, delle conseguenze della guerra in Ucraina e dell’aumento dell’inflazione.

Come sottolinea un recente studio di The European House – Ambrosetti, questo strumento è stato, in effetti, una spinta ai consumi delle famiglie. Secondo Ambrosetti, nella seconda metà del 2023 l’introduzione con il Decreto Lavoro della soglia di detassazione differenziata, stabilita in 258,23 euro per la generalità dei lavoratori e alzata a 3.000 euro per i dipendenti con figli fiscalmente a carico, ha permesso di incrementare del 3,4% i consumi delle famiglie rispetto al 2019, quando la soglia era fissata in 258,23 euro indistintamente per tutti i dipendenti. Il confronto è positivo (+1,5%) anche tra secondo semestre 2023 e 2022, quando la soglia venne alzata dapprima a 600 euro per tutti (Decreto Aiuti-bis, agosto 2022) e quindi a 3.000 euro (Decreto Aiuti quater) da novembre a dicembre 2022.

Tornando al “caso” TreCuori, i 46 milioni di euro di fringe sono stati spesi attraverso 760.000 transazioni, che in totale hanno interessato 60.000 lavoratori/trici di oltre 2.000 imprese clienti di TreCuori. Per quanto riguarda le spese fatte attraverso i buoni e i voucher, quasi l’80% si divide tra supermercati, cibi e bevande (42%) e carburante (37%). Seguono poi elettronica (10%), abbigliamento (4%), articoli sportivi (2%), profumeria e cosmetici (2%), calzatura e pelletteria (1%); sono residuali poi altre spese come videogiochi, casa e arredamento, libri, prodotti farmaceutici, ricariche telefoniche.

Come si può vedere, dunque, la maggior parte degli acquisti fatti tramite i fringe benefit sono destinati a spese che non hanno a che fare con servizi di natura sociale, quindi riguardanti la cura, l’assistenza e il benessere. Si tratta piuttosto della comune spesa fatta all’interno di supermercati, oppure del rifornimento di carburante.

Il ruolo dei Buoni TreCuori

Sul versante dei fringe benefit si deve infine sottolineare che TreCuori ha ideato un particolare strumento – i Buoni TreCuori – che mirano a coinvolgere le piccole realtà commerciali e gli esercenti del territorio. Secondo Katia Cais, Responsabile della Divisione Welfare di TreCuori, “il sistema dei Buoni TreCuori incentiva l’acquisto anche verso piccole realtà commerciali, come mercerie, fiorai, panetterie, macellerie, edicole, artigianali – parrucchiere, estetista, idraulici – e professionali, come commercialisti, avvocati. Sono buoni che possono essere incassati da tutte le attività, senza che debbano sostenere alcun costo o commissione, e non hanno un solo marchio a cui far riferimento”.

In questo modo”, continua Cais , “rendiamo i fringe benefit più spendibililavoratori e lavoratrici possono infatti utilizzarli in qualsiasi attività di prossimità, senza difficoltà. Così puntiamo anche a valorizzare l’economia dei territori e, al tempo stesso, limitiamo gli scambi che sono fatti attraverso i grandi portali di e-commerce che sono arrivati a godere di una posizione soverchiante nel mercato, a discapito di tante piccole imprese. Si tratta di una scelta etica, che fa parte della mission di TreCuori”.

Attraverso i Buoni TreCuori sono circolati quasi 2 milioni di euro. Pur non rappresentando una percentuale elevata sul totale della spesa per i fringe, si tratta comunque di transazioni che hanno coinvolto quasi 650 piccole attività di vari territori del nostro Paese. Inoltre, conclude Cais “stanno iniziando ad assumere un valore significativo in termini assoluti e soprattutto con forte trend di crescita grazie ad aziende che – vista la grande spendibilità di questi buoni e in ottica di sostenibilità – stanno iniziando a dare solo questi buoni ai propri collaboratori“. Il vero valore che c’è dietro l’idea dei Buoni TreCuori è quello di incentivare lo sviluppo dell’economia locale e la filiera cortaincentivando pratiche di consumo più attento e sostenibile. Si tratta dunque di un modo per “rileggere” il ruolo dei fringe benefit potenzialmente molto interessante e capace di generare un impatto sui territori.

Condividi