In Italia, dove le disuguaglianze economiche e l’accesso ai consumi sostenibili sono temi sempre più urgenti, alcune piccole e medie imprese stanno promuovendo un cambiamento tangibile. Tra queste, Rifò e TreCuori si distinguono per le loro iniziative concrete di sostenibilità e inclusione, dimostrando come welfare aziendale ed economia circolare possano rispondere a sfide sociali e ambientali. Di seguito, un’analisi di come queste due aziende italiane stiano affrontando questioni di accessibilità economica e disparità sociale.

Consumi Sostenibili e Accessibilità Economica

In Italia, il costo medio dei prodotti sostenibili è spesso fuori portata per molte famiglie, con il 52% degli italiani che fatica ad accedere a questi beni. Rifò, marchio di moda circolare con sede nel distretto tessile di Prato, sta cercando di rendere il consumo responsabile più accessibile grazie a un modello di economia circolare. Nel 2023, Rifò ha riciclato 14,1 tonnellate di fibre tessili, risparmiando così oltre 28.000 litri di acqua e riducendo le emissioni di CO₂ di 22.5 tonnellate, pari al consumo annuale di energia di circa 60 abitazioni.

Per favorire la partecipazione dei clienti a un ciclo di consumo sostenibile, Rifò offre un servizio di “take-back” che ha raccolto più di 20.450 capi usati, registrando un aumento del 14% rispetto all’anno precedente. I materiali recuperati sono stati trasformati in nuovi prodotti, con il 78% delle fibre derivanti da rifiuti post-consumo, garantendo una vera economia circolare. Inoltre, il 98% dei fornitori di Rifò si trova entro un raggio di 30 km dalla sede, riducendo le emissioni legate ai trasporti di quasi il 15% rispetto alla media nazionale.

Anche la scelta delle materie prime è orientata verso la sostenibilità e il territorio: oltre il 70% dei materiali impiegati proviene dal distretto di Prato, noto per l’alta qualità dei filati rigenerati. L’approccio di Rifò alla produzione locale non solo abbassa i costi, ma consente di offrire capi sostenibili a prezzi competitivi, ampliando l’accessibilità ai consumi responsabili.

Inclusione Lavorativa e Sostenibilità nelle PMI

Oltre all’accesso ai consumi, anche la qualità dell’occupazione è fondamentale per migliorare il benessere delle famiglie italiane. TreCuori, PMI di Conegliano Veneto attiva nel welfare aziendale, si distingue per il suo impegno concreto verso l’inclusione dei dipendenti e il sostegno alle comunità locali. La copertura sanitaria offerta da TreCuori nel 2023 ha beneficiato il 94% dei dipendenti, mentre il 73% dei lavoratori ha usufruito di programmi di conciliazione vita-lavoro, come orari flessibili e supporto alla famiglia, migliorando la qualità della vita lavorativa.

TreCuori acquista il 63% dei suoi servizi da imprese locali, contribuendo così all’economia del territorio con un impatto diretto stimato di circa 250.000 euro annui. Inoltre, la politica di formazione continua ha portato i dipendenti a completare 800 ore di corsi, con il 45% del personale che ha seguito almeno due programmi di aggiornamento nel corso dell’anno. Queste iniziative non solo migliorano le competenze dei lavoratori, ma favoriscono la stabilità occupazionale e le possibilità di avanzamento.

Per rafforzare il sostegno ai lavoratori, TreCuori destina il 5% del fatturato ad attività di welfare aziendale, una cifra che copre anche i benefit per i familiari dei dipendenti, come il supporto scolastico e l’accesso a servizi sanitari aggiuntivi. Questo investimento, insieme alla promozione di contratti stabili, contribuisce a ridurre le disuguaglianze economiche, garantendo ai dipendenti e alle loro famiglie una maggiore sicurezza economica e una qualità della vita superiore.

Verso una Ripresa Equa e Sostenibile

L’esperienza di Rifò e TreCuori mostra che sostenibilità e inclusione lavorativa possono generare benefici sociali ed economici concreti. Rifò, con il suo impegno nel riciclo dei materiali e nella filiera corta, contribuisce a un modello di moda circolare che valorizza l’economia locale, riduce i rifiuti tessili e abbassa le emissioni di CO₂. TreCuori, invece, investe costantemente nel benessere dei propri dipendenti, offrendo una copertura sanitaria completa e programmi di formazione, e supportando le comunità locali tramite l’acquisto di servizi da fornitori vicini.

Questi modelli rappresentano una risposta alle sfide sociali del nostro tempo, dimostrando che è possibile combinare sostenibilità ambientale e inclusione economica in modo efficace. Le azioni intraprese da Rifò e TreCuori riflettono un approccio sostenibile che non solo tutela l’ambiente, ma crea opportunità di sviluppo per le persone e per i territori, rendendo la sostenibilità accessibile e inclusiva.

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Linkedin: articolo sulla sostenibilità e inclusione lavorativa

Dal 2018 al 2023 le attività di vicinato si sono ridotte dell’8 per cento. Ecco i Comuni più penalizzati. Città impoverite e residenti costretti a spostarsi

 

Il convegno

MIRA –  I negozi di vicinato o i minimercati diminuiscono anno per anno in provincia di Venezia e la popolazione invecchia: dalla Camera di Commercio di Venezia e Rovigo l’invito agli enti locali ad affrontare il problema all’interno del dibattito sulla rigenerazione urbana. Il territorio del Veneziano ha una sua peculiarità, diviso tra problemi di sovraffollamento turistico a Venezia e la desertificazione dei centri urbani limitrofi. Questo quanto emerso durante il convegno intitolato “Rigenerazione urbana: sostenibilità e innovazione” organizzato dalla Camera di Commercio Venezia e Rovigo a villa Widmann a Mira. Un dialogo che ha visto la partecipazione di istituzioni, esperti, amministratori locali, rappresentanti del mondo accademico e associazioni di categoria impegnati ad affrontare assieme le sfide ambientali, economiche e sociali dal cambiamento climatico, alla desertificazione commerciale dei centri urbani fino alla denatalità.

Nel corso dell’incontro aperto da Massimo Zanon, presidente della Camera di Commercio di Venezia Rovigo hanno partecipato tra gli altri Massimo Cavazzana, sindaco di Tribano (Padova) in rappresentanza dell’Anci Veneto, e Massimiliano De Martin, assessore all’Ambiente del Comune di Venezia, ma anche, da remoto, l’ex parlamentare e ambientalista Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola per la tutela della qualità Italiane, la viceministro Vannia Gava da remoto e Alessandro Rinaldi, professionista del Centro Studi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne”.

Lo studio

Quest’ultimo in particolare ha illustrato alcuni dati relativi ai negozi di vicinato degli ultimi anni ponendo l’accento sul ruolo cruciale delle città nel contrastare la desertificazione commerciale e il degrado urbano.

«Gli esercizi di vicinato nei Comuni della città metropolitana di Venezia tra il 2018 e il 2023 sono diminuiti dell’8,1 per cento – ha spiegato Rinaldi – con variazioni percentuali negative più rilevanti come a Stra, Campagna Lupia, Fossalta di Portogruaro e Salzano. In questi Comuni sono in diminuzione non solo i negozi di vicinato ma anche farmacie e servizi fino a bar e ristoranti.

Nello stesso periodo la popolazione totale è diminuita e contestualmente sono aumentati gli over 65 anni con l’incidenza più alta nei Comuni di Cavarzere e Cona. Centri urbani privi di servizi significa che i cittadini devono prendere l’auto per recarsi altrove, con aumento del traffico e dell’inquinamento. Ecco perché – ha sottolineato lo studioso – parlare di rigenerazione urbana non significa solo parlare di urbanistica ma anche ripensare strutture e servizi per un futuro più sostenibile».

Il futuro

Massimo Cavazzana presidente della Consulta dell’Anci Veneto – Urbanistica, politiche abitative, lavori pubblici e sindaco di Tribano, facendo riferimento alla Legge 50 sulla la riqualificazione urbana e la rinaturalizzazione del territorio ha invitato ad una riflessione sul futuro dei Comuni nei prossimi decenni. «Con il Pnrr stiamo investendo in asili e scuole nonostante i numeri che riguardano il calo demografico, lo spopolamento dei piccoli centri e la perdita dei servizi e la denatalità siano impietosi – ha avvertito Cavazzana. – Asili e scuole che fine faranno? E senza i servizi necessari come faremo a impedire lo spopolamento dei centri urbani? Questi temi devono essere affrontati rapidamente e dobbiamo trovare delle soluzioni altrettanto rapide per far sì che le realtà urbane non si spopolino definitivamente».

Al dibattito successivo, moderato dal giornalista Marco Gisotti sono poi intervenuti gli urbanisti Filippo Magni e Gianfranco Pozzer dell’Università Iuav di Venezia, Alberto Marchiori, rappresentante di Confcommercio a Bruxelles ed il Tenente Colonnello Enrico Risottino comandante gruppo Carabinieri per la Tutela Ambientale e Sicurezza Energetica di Venezia. «Il rapporto tra città e commercio ha caratterizzato secoli di crescita dell’una e dell’altro – ha concluso l’incontro il presidente di Confcommercio Zanon – ma ora il meccanismo è saltato e bisogna pensare a rigenerare la città ma soprattutto i paesetti, le frazioni, le periferie per contrastare la progressiva desertificazione commerciale che risale fino al centro della città impoverendola».

Luisa Giantin

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Articolo de "Il Gazzettino". necessità di rigenerazione urbana

È questa la missione di TreCuori, società nata nel 2013 e diventata un soggetto di riferimento a livello nazionale

 

Nuovi scenari

VENEZIA – Un modo per salvaguardare l’economia locale e supportare negozi e servizi presenti sul territorio. È questa la missione di TreCuori, società benefit nata nel 2013 nel Trevigiano e diventata oggi un soggetto di riferimento a livello nazionale nel settore del welfare aziendale.

Una delle caratteristiche di questa piattaforma è quella di fornire ai lavoratori l’opportunità di scegliere gli erogatori a cui rivolgersi per ottenere i propri benefit aziendali, ossia quella serie di beni e di servizi che le aziende offrono ai propri dipendenti al di fuori dello stipendio mensile previsto in busta paga. Servizi che riguardano vari ambiti, quali l’assistenza sanitaria, i buoni pasto e acquisto, i buoni per lo sport e per il tempo libero, nonché quelli per la scuola e per il trasporto pubblico, fino all’assistenza per gli anziani, servizio di babysitting e viaggi.

È di 11 milioni di euro il valore delle spese effettuate, attraverso il welfare TreCuori fornito dalle aziende, nella provincia veneziana dal 2013 fino ad oggi; oltre 200 sono invece le aziende che, sempre nel Veneziano, hanno fornito welfare ai propri dipendenti.

Seimila dipendenti

Più di 6mila i lavoratori che hanno beneficiato della proposta territoriale TreCuori, mentre oltre 1000 sono i fornitori dei servizi che, all’interno del territorio, hanno incassato spese welfare senza pagare alcuna commissione. Buoni di particolare interesse per l’efficacia che riversano sul territorio di riferimento, favorendo il coinvolgimento gratuito di piccoli esercenti e di artigiani locali. Gli stessi che, nell’intera provincia veneziana, raggiungono il centinaio di presenze.

Rispetto alle altre opportunità messe a disposizione dei dipendenti aziendali e delle loro famiglie, quelle aderenti a TreCuori non sono sottoposte a vincoli predeterminati o a specifici fornitori. Il che significa che, man mano che i lavoratori segnalano e gli esercenti si accreditano, sul sito online di TreCuori il dipendente ha la possibilità di individuare la lista dei vari negozi di vicinato e servizi messi a sua disposizione. Non solo, il singolo può anche arrivare a chiedere alla propria azienda l’accreditamento di determinate realtà a lui più congeniali.

È chiaro che in questo modo la maggior parte delle spese realizzate con i benefit riesce a circolare all’interno del proprio territorio o del proprio Comune. Questa d’altronde è la mission della piattaforma, che si propone di andare incontro non solo alle esigenze e alle richieste dei dipendenti, ma anche di portare benefici al territorio di riferimento.

E sono tante le aziende che scelgono il welfare territoriale di TreCuori proprio perché ne condividono l’obiettivo finale: contribuire a trattenere le risorse e riattivare l’economia di prossimità, favorendo così la sopravvivenza del commercio locale. In questo modo contrastando il processo di desertificazione al quale sono sottoposti i centri urbani e creando un circolo virtuoso tra le aziende e i fornitori di prossimità.

Negozi e botteghe di quartiere dove, così facendo, andare a fare la spesa diventa per le famiglie molto più conveniente. Qui si può spendere la “dote” messa a disposizione dall’azienda, rimettendo in circolo le risorse proprio dove queste ultime vengono prodotte.

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Milano, 21 set – Utilis Group, società che opera nel settore dei servizi alle aziende e in particolare del welfare aziendale, punta a chiudere il 2024 in crescita e conferma un dividendo in linea con la media degli ultimi due anni.

A spiegarlo, in una intervista a Radiocor, il presidente Riccardo Stefani. “Il 2024 sta confermando il trend di crescita di grande rilievo espresso ormai dal nostro Gruppo da diversi anni su più parametri quali valore del transato welfare, numero di clienti, numero di fornitori. Ad esempio, il volume del transato welfare nei primi 8 mesi del 2024 ha ormai superato il valore dei 12 mesi del 2023, facendoci stimare per il 2024 un incremento superiore al 50%, ha spiegato.

“Nel 2023 l’ebitda è stato in crescita del 76% e il fatturato di gruppo (che comprende anche le partecipate TreCuori e TreAli) è stato superiore ai 6 milioni (+54%). In merito al dividendo che lo scorso anno è stato del 12%, il presidente sostiene che ‘il nostro Gruppo è particolarmente attento a tutti i propri stakeholder. In realtà, la prima preoccupazione è soddisfare le aspettative dei nostri clienti, dei nostri fornitori, poi dei nostri dipendenti ed infine anche dei nostri azionisti. Questa politica è pienamente condivisa a livello di governance perché siamo convinti che sia il modo migliore per garantire la sostenibilità nel medio periodo. Per il 2024 ci aspettiamo che il dividendo sia in linea con la media dei due anni precedenti, anche se in ogni caso sarà l’assemblea dei soci a deciderlo”.

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Schinasi Insurance Brokers e ASB Broker hanno sottoscritto una partnership con TreCuori, importante realtà operante nel settore del welfare aziendale. Grazie a questo accordo le due società di brokeraggio ampliano la propria gamma di soluzioni di welfare aziendale, un settore in forte crescita e di fondamentale importanza per le aziende italiane.

In Italia, il welfare aziendale ha registrato una crescita esponenziale negli ultimi anni: secondo recenti studi, oltre il 60% delle aziende italiane ha già implementato programmi di welfare, con un aumento del 15% rispetto all’anno precedente. Questo trend positivo è destinato a crescere ulteriormente, soprattutto grazie all’aumento della consapevolezza dell’importanza del benessere dei dipendenti per il successo aziendale.

Grazie alla partnership con TreCuori, Schinasi Insurance Brokers e ASB Broker sono in grado di proporre un’offerta welfare completa che rappresenta un vantaggio significativo per le aziende e anche per i lavoratori: le prime possono beneficiare non solo di un concreto risparmio fiscale, ma anche di una maggiore fidelizzazione dei dipendenti e di una maggiore efficienza dei processi, avendo un partner unico e affidabile per la gestione complessiva del benessere e della protezione dei propri lavoratori, che a loro volta vedono migliorata la loro qualità della vita con benefit personalizzati che rispondono alle esigenze quotidiane di ognuno, aumentandone il potere d’acquisto.

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Il primo appuntamento è per venerdì 27 settembre 2024 a Villa Zuccareda Binetti

 

MONTEBELLUNA- Il prossimo appuntamento dei “Friday Talks“, iniziativa di aggiornamento promossa da Fondazione Sportsystem, è fissato per venerdì 27 settembre 2024 a Villa Zuccareda Binetti. Dalle 14.30 alle 17.30, si discuterà del tema “SOS Sostenibilità. Filiera sostenibile”, con l’obiettivo di fornire a manager, imprenditori e professionisti dello sportsystem nuovi strumenti per affrontare le sfide della sostenibilità.

Dopo la pausa estiva, gli incontri riprendono con l’intento di supportare le imprese, grandi e piccole, nella gestione delle loro catene del valore in modo sostenibile. Per le aziende più strutturate, sarà fondamentale adottare strategie che integrino la sostenibilità nei processi aziendali, mentre per le piccole realtà si esploreranno soluzioni pratiche per migliorare le performance ambientali, sociali e di governance, cogliendo opportunità di crescita e innovazione.

L’incontro sarà aperto da Debora Reverberi, docente della Scuola Etica di Alta Formazione Leonardo, che analizzerà l’impatto della nuova normativa sulla rendicontazione di sostenibilità introdotta dal D.lgs. 125/2024. Secondo Reverberi, “il recepimento della Direttiva CSRD in Italia estende progressivamente gli obblighi di rendicontazione anche alle PMI quotate, con importanti ricadute sull’intera catena del valore”. Seguiranno gli interventi degli avvocati Alberto Zampieri e Giovanni Tretti dello Studio Legale GTA, che si concentreranno sulla governance come leva per la trasformazione sostenibile. Tra i temi trattati, il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (Mod 231) sarà indicato come uno strumento chiave per imprenditori e manager. Luca Tondo, manager di CRIBIS, illustrerà invece la piattaforma SynESGy, pensata per le aziende che desiderano valutare la sostenibilità dei propri fornitori e per quelle che mirano a migliorare le proprie performance in quest’ambito.

Il discorso proseguirà con Erika Francescon di Sustain Me, che introdurrà i principi di economia circolare applicabili ai modelli di business. Maurizio Dallan, di EcoEsedra, si concentrerà su Ecodesign e Valutazione del Ciclo di Vita (LCA), sottolineando l’importanza di ridurre l’impatto ambientale già nella fase di progettazione dei prodotti.

L’evento si concluderà con Giovanni Lucchetta, amministratore di TreCuori SpA SB, che condividerà l’esperienza della sua azienda nel campo del welfare aziendale, evidenziando come questo possa contribuire alla sostenibilità sociale e migliorare l’attrattività per i lavoratori. La partecipazione all’incontro è gratuita previa registrazione. Per info e iscrizioni, www.fondazionesportsystem.com/eventi

 

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Articolo di Oggi Treviso che annuncia l'intervento di TreCuori ai Friday Talks di Fondazione Sportsystem in merito a sostenibilità e welfare aziendale

Crescono i provider che spingono le imprese clienti a utilizzare le risorse del welfare aziendale, tra cui i fringe benefit, nei circuiti territoriali. L’obiettivo è mantenere la ricchezza nei contesti in cui viene creata. Ma diffidenze e resistenze sono difficili da superare, anche e soprattutto tra le PMI.

 

Il welfare aziendale negli ultimi anni ha portato a un aumento dei consumi delle famiglie italiane“Sono stati immessi nel mercato milioni di euro”, riflette Katia Cais, direttrice della divisione welfare di TreCuori.

Ma questi soldi a chi sono andati?” si chiede. Certamente ai dipendenti delle imprese che fanno welfare, che ne hanno goduto per rafforzare la propria capacità di spesa, ma poi a cascata in quali realtà commerciali sono stati spesi? In altre parole, quali organizzazioni oggi sono in grado di sfruttare l’occasione offerta dalle risorse del welfare aziendale e, in particolare, dei fringe benefit?

Queste domande ne implicano un’altra, ancora più ampia e interessante: il welfare aziendale può sostenere anche il commercio locale che, come abbiamo visto, è sempre più in sofferenza? Il quesito suona astratto ma, in realtà, sono diverse le esperienze concrete che si stanno muovendo in questa direzione, convinte che il welfare aziendale possa essere davvero una leva importante per il benessere dei territori.  L’idea è affascinante, ma la sua realizzazione è spesso complessa. Per questo è bene fare un passo alla volta, e partire dai dati.

Fringe benefit e consumi

Il contributo del welfare aziendale nel far crescere i consumi italiani è avvenuto, in particolare, grazie agli aumenti delle soglie di detassazione per i fringe benefit. 

“I fringe benefit sono uno strumento chiave per il benessere economico delle famiglie e per la ripresa dei consumi, per i quali nel 2024, proprio grazie alla leva del welfare privato, si stima una crescita dello 0,8% rispetto al 2023”, si legge in una ricerca di The European House – Ambrosetti commissionata dal provider di welfare aziendale Edenred Italia.

La ricerca mette in evidenza la stretta relazione tra l’andamento dei consumi e il ricorso da parte delle aziende ai fringe benefit, strumento di welfare aziendale messo a disposizione dei lavoratori sotto forma di buoni acquisto, esenti da IRPEF e addizionali comunali e regionali, utilizzabili per diverse tipologie di spesa, come alimentari, carburante, istruzione, genitorialità.

“Il ricorso ai fringe benefit – continua l’analisi di The European House – Ambrosetti – ha preso impulso nel 2020, durante la pandemia, sulla spinta dei provvedimenti che ne hanno progressivamente ampliato la soglia di detassazione”, che nel giro di pochi anni è passata da 258,23 euro a 3.000 euro. Per il 2024la Legge di Bilancio ha stabilito l’aumento della soglia di detassazione per i dipendenti senza figli a carico da 258,23 a 1.000 euro e la corrispondente riduzione per chi ha figli a carico da 3.000 a 2.000 euro rispetto al 2023. È questa scelta che, secondo la ricerca voluta da Edenred, dovrebbe portare a una crescita dei consumi rispetto all’anno precedente.

Grandi piattaforme e commercio locale

Il punto è come i dipendenti che godono di questa forma di welfare aziendale spendono i loro fringe benefit, che solitamente sono veicolati tramite buoni benzina, card o voucher acquisto da usare presso catene commerciali, negozi e, soprattutto, grandi piattaforme di commercio on line. Proprio per la loro natura, secondo Cais di TreCuori, a beneficiarne sono stati molto più i grandi attori dell’e-commerce come Amazon piuttosto che gli esercenti del commercio locale e questa, a suo giudizio, è un’occasione persa.

TreCuori, infatti, sono anni che si impegna per rendere sempre più territoriale il welfare aziendale e quindi fare in modo che i pacchetti di welfare aziendale, compresi i fringe benefit, vengano spesi il più possibile sui territori nei quali i lavoratori abitano, inserendo all’interno della propria piattaforma di welfare negozi e servizi locali“Che tu sia a Padova, Milano o in un paesino della Sardegna, se vuoi spendere il tuo credito di welfare aziendale dal tuo dentista di fiducia, nella maggior parte dei casi, noi riusciamo a fartelo fare”, racconta Cais, spiegando come la sua azienda non faccia pagare nessun costo alle imprese locali che mette in piattaforma (come il dentista del suo esempio) e quindi favorisca l’economia locale“Siamo stati anche disposti a perdere un’azienda perché, come TreCuori, non attiviamo buoni Amazon, ma la maggior parte delle imprese capisce ed è in linea con questa filosofia”, aggiunge.

La sinergia tra welfare aziendale, commercio locale e PMI nonché cittadinanza e pubbliche amministrazioni sta alla base del  welfare territoriale. Questo di fatto  significa voler bene al proprio territorio e, di conseguenza,  migliorare  la qualità del posto in cui vivi”, riassume Gabriele Brunello, consulente del lavoro ed esperto di welfare aziendale, che da anni collabora con TreCuori e ne è anche diventato socio. TreCuori non è certo l’unico provider di welfare aziendale che mostra questa attenzione ai territori. Ci sono altri attori del settore che seguono questo approccio, ma ci sono anche esperienze che provano ad andare oltre.

Diverse iniziative con un certo grado di innovazione erano in fase di ideazione già prima della pandemia e poi, con il ricorso obbligato al digitale, hanno subito un’accelerazione e sono diventate operative negli ultimi due o tre anni. È il caso, per esempio, di OlliPay e delle piattaforme di e-commerce locali lanciate da Mediatip.

Territori a portata di click

Ollipay è stata lanciata nel 2022 da un altro provider di welfare aziendale, Well-Work, ed è un’applicazione che consente di spendere la quota annuale di fringe benefit presso attività e servizi di prossimità valorizzando così i circuiti commerciali locali piuttosto che le sole catene della grande distribuzione o piattaforme di e-commerce come Amazon o eBay.

Come ci aveva spiegato Marco Milanesio, CEO e fondatore di Well-Work, uno degli obiettivi di OlliPay è “favorire i piccoli esercizi commerciali e artigianali del territorio, tradizionalmente esclusi dal mondo dei fornitori che beneficiano, direttamente o indirettamente, delle ricadute del welfare aziendale”. L’idea di realizzare un’app di questo tipo risale a prima della pandemia da Covid 19, ma si è concretizzata solo nell’immediato post pandemia.

Fa ragionamenti simili anche Luigi Angelini, fondatore e CEO di Mediatip, che si occupa di welfare aziendale col marchio Welfare Group, e negli ultimi anni ha lanciato diverse piattaforme di commercio locale in Emilia-Romagna: Io Sono CesenaaFaenzaxRimini e InRavenna. A suo parere, il welfare aziendale può essere il carburante giusto per far partire questo tipo di strumenti che poi, una volta avviati, possono raggiungere un’utenza più ampia dei soli dipendenti delle imprese che prevedono pacchetti welfare. Per iniziare, però, sono un’ottima base e, infatti, spiega, “Welfare Group, in totale trasparenza, propone alle aziende sue clienti di dare ai loro dipendenti la possibilità di spendere il loro credito welfare anche sulle nostre piattaforme come Io Sono Cesenaproprio per sostenere il commercio di prossimità”.

Le esperienze di questo tipo si stanno moltiplicando, con attori e dimensioni di volta in volta differenti. Un altro provider ad essersi mosso, per esempio, è Tantosvago, che ha lanciato GOWelfare. Sul suo sito, GOWelfare viene presentata come un’app su cui sono registrati circa 100.000 dipendenti con credito welfare e circa 35.000 esercizi commerciali locali, gli ultimi dei quali sono quelli di Monza, dove l’iniziativa è arrivata lo scorso maggio.

Anche le Banche di Credito Cooperativo hanno creato una loro piattaforma e, nel 2023, hanno lanciato Crea welfare, per sviluppare “un modello alternativo di welfare, aziendale prima e territoriale poi”“La mission è semplice, ma ambiziosa”, ha spiegato il presidente di Crea Welfare, Nicola Piccinelli in un comunicato stampa: “valorizzare il patrimonio di relazioni delle BCC per mettere in connessione aziende ed esercenti del territorio, facendoli interagire mediante una piattaforma digitale proprietaria semplice, flessibile, personalizzabile e in grado di veicolare un’offerta di “welfare a km 0” a beneficio dei dipendenti e delle loro famiglie”.

MarketPass e il Welfare Indiretto

La stessa TreCuori ha fortemente investito in questo ambito. Da tempo, infatti, come abbiamo già avuto modo di raccontare, sta lavorando a una piattaforma di e-commerce nazionale riservata alle sole PMI: Marketpass.

La piattaforma è pensata per essere autonoma, rispetto alle attività di TreCuori nell’ambito del welfare, ma è chiaro che esistono delle connessioni. Da un lato, TreCuori, vuole anch’essa consentire ai dipendenti delle aziende sue clienti di far spendere i fringe benefit direttamente su Marketpass: “è una possibilità in cantiere, ci stiamo lavorando anche a livello tecnologico”, dice Cais. Dall’altro, si è inventata una nuova forma di welfare, denominata Welfare Indirettoper far conoscere l’iniziativa al maggior numero di aziende e persone possibili.

In pratica, TreCuori per incentivare l’uso della piattaforma mette gratuitamente a disposizione dei dipendenti delle sue aziende clienti dei buoni spesa che vanno a ridurre l’esborso monetario di chi compra su MarketPass (con effetto di veri e propri sconti). Questo, dunque, offre un sostegno aggiuntivo a chi già fruisce dei piani di welfare della propria azienda. Inoltre il provider offre alle aziende la possibilità di misurare l’impatto che le persone coinvolte nel Welfare Indiretto hanno sul commercio locale, misurando gli acquisti che effettuano presso le PMI del territorio tramite Marketpass. Ne scaturisce una rendicontazione che le imprese possono inserire nei propri report di sostenibilità migliorandone di conseguenza il relativo rating ESG.

“Il nostro spirito – riprende la direttrice welfare Cais – è spingere le aziende a creare una cultura del consumo sostenibile. Innescare il circolo virtuoso immaginato con Marketpass, però, non è facile. Brunello pensa che la piattaforma di TreCuori sia un sistema d’avanguardia ma che sia “inizialmente complesso da capire” e che quindi “sia necessaria una forte azione comunicativa per superare un primo approccio a volte di sospetto”. MarketPass è molto attenta a tutelare gli interessi di commercianti e PMI, fornendo servizi e limitando il più possibile i costi, eppure, Cais dice di trovare spesso “poca consapevolezza [della situazione] e una certa “resistenza [alle novità] negli esercenti cui presenta l’iniziativa.

Forte diffidenza e scarso entusiasmo possono avere tante ragioni diverse, ma tra queste vi potrebbero essere anche precedenti esperienze negative in settori simili. Pensiamo ai provider di welfare aziendale che chiedono commissioni elevate per essere presenti sulle loro piattaforme, oppure agli scioperi di bar e ristoranti contro i costi eccessivi legati ai buoni pasto. Quale che siano le motivazioni, innovare di certo non è facile. Quando Brunello propone Marketpass nei territori in cui lavora, sia agli esercenti per un’adesione diretta, sia alle amministrazioni locali perché sostengano l’iniziativa, confida di fare fatica: “dobbiamo abbattere un muro”, dice. Anche Cais riconosce che “cambiare le abitudini non è facile”, ma col welfare aziendale è successo e alcune dinamiche “ora sono state scardinate”. Ci vuole tempo, e ottimismo.

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In Veneto benefit per 15 milioni di euro nell’ambito dell’istruzione familiare. L’esperienza di TreCuori: «Salvaguardiamo le cartolibrerie tradizionali».

 

Sta salendo esponen­zialmente il numero di famiglie che pas­sano attraverso la piattaforma TreCuori per acquistare i libri scolastici per i figli e, in ge­nerale, per spese di istruzione a beneficio dei propri fa­miliari. Il meccanismo è quello del welfare aziendale: in pratica, le imprese che aderiscono possono elargire premi di risultato e altre forme di bene­fit che si aggiungono a quan­to previsto dai contratti na­zionali sotto forma di “wel­fare aziendale”, soldi che in busta paga verrebbero tassati e che invece, in questa moda­lità, restano integralmente a disposizione del destinata­rio. La legge attuale che regola il welfare aziendale è del 2016 ma le potenzialità che offre vengono sfruttate in maniera significativa da pochi anni e le spese per i libri scolastici si sono fortemente concentrate negli ultimi due o tre anni.

«Questo è un momento di crescita talmente rapido che non sappiamo stimare l’in­cremento al termine del 2024. Potrebbe esserci un au­mento anche del 50%», sotto­linea Alberto Fraticelli, co­fondatore e direttore di TreCuori. I numeri totali, da quando esiste questa opportunità, per il Veneto parlano di una spesa complessiva per l’istruzione familiare di 15 milioni di euro e di quasi 9 mila dipendenti delle azien­de convenzionate con TreCuori che hanno già sfruttato questo servizio, per una spe­sa media di oltre 1.700 euro. Soldi spesi in oltre 4.300 atti­vità sparse per il territorio.

Concentrando invece l’attenzione sui testi scolastici, la spesa complessiva è di 1.1 milioni di euro in circa 700 aziende, un servizio di cui hanno usufruito, al momento, oltre 2.700 dipendenti delle aziende convenzionate con Tre Cuori.
«I libri scolastici sono comprabili sia da chi ha wel­fare aziendale ma anche da chi non ce l’ha (cioè dal­l’utente che non lavora per un’azienda convenzionata) – spiega Fraticelli – Con la logica di aiutare le librerie in­dipendenti (e sono oltre 400 quelle che hanno già venduto i libri attraverso la nostra piattaforma) abbiamo dato la possibilità di vendere i testi anche ai clienti che fanno acquisti non welfare, per cerca­re di aiutare le piccole e me­die imprese a competere con i colossi dell’online. In prati­ca, si possono comprare i li­bri per i figli in una piccola li­breria di provincia e ricevere i libri a casa oppure andarli a ritirare in negozio. Così le piccole librerie rimangono aperte e non vendono solo a chi si presenta fisicamente ma anche a chi è abituato ad acquistare online». Infatti, il 40% dei libri sco­lastici, attraverso TreCuori, vengono acquistati in super­mercati e piattaforme online. Il restante, 60% in cartolerie, tabaccherie, librerie e com­mercio al dettaglio in gene­rale.

«TreCuori è una società benefit, come tutte le società deve perseguire il profitto ma aggiungiamo nello statu­to scopi di natura sociale e il nostro è quello di difendere, sostenere e sviluppare la pro­sperità dei territori. Per noi fare questo è favorire il com­mercio locale. Credo sia un messaggio molto forte anche di speranza – rimarca Frati­celli -, siamo l’unica piatta­forma di welfare che, pur dando oltre 200 buoni spesa ai propri lavoratori, non dà il buono Amazon, che è facile da gestire ma se lo facessimo faremmo uscire risorse dai territori».

Incassano attraverso TreCuori in Veneto per l’istruzio­ne i fornitori dei servizi di istruzione, scuole, asili, uni­versità ma soprattutto le li­brerie scolastiche. «Il dato più interessante è che ci sono due macro cana­li, quello dell’online e dei supermercati e quello delle car­tolerie e delle librerie: noi mettiamo in atto dei sistemi che cercano di favorire le piccole librerie – sostiene Fra­ticelli-. Ascoltando le fami­glie e gli esercenti delle libre­rie di quartiere è facile ren­dersi conto che negli ultimi anni c’è stato un aumento straordinario dei canali onli­ne e dei supermercati e una fortissima contrazione delle librerie locali. È un grandis­simo problema, perché i ne­gozi di prossimità svolgono una funzione sociale di presidio del territorio, di vici­nanza alle persone. Una car­tolibreria non vende solo libri scolastici ma è anche un punto di rifermento per gli anziani che non hanno dimestichezza con gli acquisti online e hanno difficoltà a raggiungere i centri com­merciali. La vera sfida è quel­la di cercare di mettere in at­to gli strumenti che possano riequilibrare un po’ questo squilibrio».

TreCuori ha sede a Cone­gliano e la provincia di Trevi­so è anche quella dove il ser­vizio ha attecchito di più, con 225 mila euro spesi per il li­bri scolastici su un totale di 776 mila. Ultima Rovigo con 10.500 euro. Sul podio con Treviso: Padova (185 mila eu­ro) e Vicenza (177 mila euro).

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I negozi di prossimità vivono un periodo difficile: in gioco c’è la loro sostenibilità economica, ma anche il loro valore sociale. Per salvarli si stanno moltiplicando le esperienze che puntano sull’online, ma perché funzionino non bisogna abbandonare i legami territoriali ma, anzi, rafforzarli e aprire nuove collaborazioni. Ad esempio con gli enti di Terzo Settore.

 

In Italia, il commercio di prossimità è in difficoltà. È un ritornello che si sente da tempo, in molti luoghi. E che, ora, è confermato anche da dati molto recenti e approfonditi. Tra 2012 e 2023, il commercio in sede fissa nelle città italiane “ha perso in 11 anni oltre 111.000 unità (-20,2%)”. A denunciarlo è la nona edizione della ricerca Demografia d’impresa nelle città italiane, pubblicata lo scorso marzo dall’Ufficio Studi Confcommercio.

“In altre parole – continua la pubblicazione – un’impresa attiva su cinque è scomparsa dal mercato e non è stata sostituita. È l’esito di un processo di trasformazione indotto dal rallentamento della domanda per consumi da parte delle famiglie, da nuovi orientamenti e comportamenti di spesa dei consumatori, dall’introduzione di nuove tecnologie che hanno incrementato gli acquisti online”.

Italiani e italiane, insomma, comprano dove è più conveniente e comodo. È comprensibile. Ma questo pone dei problemi, non solo economici e non solo ai proprietari dei negozi fisici.

Rischio desertificazione

“Non va dimenticato che gli esercizi commerciali svolgono un ruolo vitale nel contesto economico e sociale, scrive ancora Confcommercio, che denuncia “il rischio di desertificazione” cui vanno incontro molte città, soprattutto nei centri storici.

La ricerca ha analizzato questo rischio in 120 grandi Comuni e ne ha identificati alcuni più esposti, quelli con “una forte riduzione dei negozi, compresa tra il 18% e il 30%, e una mancanza di crescita nei servizi turistici”. I primi tre Comuni sono Belluno, Gorizia e Savona, ma in generale Confcommercio ha notato “una certa predominanza nel Nord-est”.

Non stupisce, quindi, che sia proprio in questi territori che siano nate iniziative per rispondere a questo problema. Come il caso di Marketpass, che abbiamo già raccontato e che è stato lanciato dall’impresa TreCuori, con sede in provincia di Treviso. Questa iniziativa non è ovviamente l’unica, ma è una delle tante che puntano sul digitale per ridurre quello che proprio l’amministratore delegato di TreCuori Giovanni Lucchetta definisce “lo squilibrio tra grandi player e commercio locale”.

Del resto, vendere online non è più un’opzione che i piccoli commercianti possono permettersi di ignorare“La crescita della propensione dei consumatori a fare acquisti online ha reso l’adozione dell’omnicanalità essenziale per tutte le imprese, compreso il dettaglio di prossimità”, scrive ancora Confcommercio.

“Questa strategia – spiega la ricerca – non solo consente di rimanere rilevanti e competitivi nel mercato in continua evoluzione, ma offre anche opportunità significative per ampliare la propria capacità distributiva. L’approccio omnicanale implica, infatti, l’integrazione sinergica di tutti i canali di vendita e comunicazione disponibili. Ciò significa che i clienti possono interagire e fare acquisti con l’azienda attraverso una varietà di canali, tra cui negozi fisici, siti web, app mobile, social media e altro ancora”. Facile a dirsi, difficile a farsi.

L’Italia, a livello europeo, è storicamente un Paese con competenze digitali basse e, nonostante i miglioramenti netti degli ultimi anni, c’è ancora molto da fare, soprattutto quando si parla di vendite digitali da parte di piccole e medie imprese.

Fare e-commerce è possibile anche per le PMI

In un articolo dello scorso novembre sul Sole 24 Ore, Claudio Rorato ha sostenuto che le PMI italiane sono digital senza strategy. Rorato è il direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano e, per quanto riguarda e-commerce e PMI, ha tratteggiato “un’immagine bifronte: da una parte il valore delle vendite delle PMI italiane tramite questo canale raggiunge il 14% del loro fatturato complessivo (EU 11%), dall’altra il numero di PMI italiane che vende online è al di sotto della media europea (18% vs 22%)”.

Per i negozi di prossimità, poi, è particolarmente difficile trovare risorse, competenze e fornitori adeguati e, a maggior ragione in assenza di strategie e obiettivi precisi, diventa facile lanciarsi sul digitale senza poi ottenere i benefici sperati. Per questo sono importanti le iniziative che uniscono più commercianti, spesso grazie alla spinta di amministrazioni locali e organizzazioni di categoria.

Io Sono Cesena, per esempio, è un progetto voluto dall’Amministrazione comunale di Cesena e da CIA, Confagricoltura, Confcommercio, Confesercenti, Confartigianato e CNA  con la collaborazione di Mediatip e Pubblisole. L’obiettivo è sostenere commercianti e artigiani locali, affiancando al loro tradizionale sistema di vendita il canale della commercializzazione online.

“Ci abbiamo iniziato a ragionare quattro anni fa. Chiacchieravamo di sistemi complessi e poi è arrivata la pandemia”, ricorda Luigi Angelini, fondatore e CEO di Mediatip. I bisogni digitali, a quel punto, andavano soddisfatti con urgenza e l’impresa di Angelini, con il sostegno del Comune, ha lanciato Io Sono Cesena.

Nella prima fase, quella del periodo Covid, si è trattato di un sito vetrina per i commercianti locali, poi il progetto è stato rilanciato, si è aperto anche al welfare aziendale (tema che affronteremo in un prossimo articolo) ed è diventato possibile fare acquisti online. “I commercianti non pagano nulla per essere presenti su Io Sono Cesena. I costi sono a carico nostro, che prendiamo una percentuale variabile sugli acquisti: dall’1% al 10%, a seconda della categorie merceologiche”, prosegue Angelini.

Nei primi sei mesi scarsi del 2024, su Io Sono Cesena sono stati fatti acquisti per circa 700.000 euro, spalmati su un centinaio di imprese. Per Mediatip il modello funziona e, infatti, l’ha esportato in altre città, con le piattaforme aFaenzaxRimini e InRavenna.

Angelini è ottimista: a suo parere, le pubbliche amministrazioni mostrano una “consapevolezza crescente” per questi temi mentre le associazioni di categoria, dopo un periodo in cui il digitale le aveva colte “un po’ di sorpresa”, ora sonomature per questo genere di progettiAnzi, secondo il CEO di Mediatip, queste ultime potrebbero “spingere ancora di più sulla formazione“È necessaria perché la cultura dei commercianti migliori: percepisco ancora un po’ di impreparazione e molta sfiducia nel digitale dopo esperienze che non hanno funzionato”, conclude Angelini.

Tra borghi e cities

Anche a causa della pandemia, che ha accelerato tutti i processi di digitalizzazione, le iniziative simili a Io Sono Cesena si sono moltiplicate, ad ogni livello, dall’iperlocale al nazionale.

Bagno di Romagna, borgo appenninico di 5.000 abitanti in provincia di Forlì-Cesena, per esempio, già nel 2020 è stata lanciato un circuito commerciale territoriale chiamato La Vantaggiosa. Un’app e una card, unite a un meccanismo di cashback, puntano a “sollecitare gli scambi commerciali a livello comunale quale stimolo diversivo al commercio elettronico o fuori Comune”, si legge sul sito del Comune stesso.

A marzo 2024, invece, Confcommercio ha lanciato il progetto nazionale Cities che, insieme all’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), propone iniziative politiche, collaborazioni e partenariati pubblico-privato.

Anche alcune Regioni si sono mosse. Nelle Marche, per esempio, nel 2022 è stato aperto un bando per assegnare​​ “Contributi agli interventi volti alla realizzazione di progetti integrati tra i Comuni e le PMI per lo sviluppo dei Centri Commerciali Naturali” con l’obiettivo di rivitalizzare i territori comunali “con interventi che incentivino una presenza commerciale di qualità, capace di attrarre l’interesse turistico e culturale del luogo”.  Tra i progetti sostenuti vi è stato anche quello della cooperativa di comunità Fano al centroche nell’omonima cittadina ha creato un’app e una card simili a quelli di Bagno di Romagna.

Sempre nelle Marche, ma a San Benedetto del Tronto, è nata la piattaforma Praesentia, sostenuta dal Comune e gestita dall’omonima associazione di promozione sociale. La logica è sempre quella di sostenere il commercio locale tramite il cashback, ma in questo caso, spiega il sito dell’amministrazione comunale, “una percentuale di tutte le transazioni effettuate dai cittadini e registrate dall’app verrà devoluta per la realizzazione attività di tipo sociale, come progetti, assistenza alle fragilità o ricerca”.

Il caso di Praesentia è significativo, ma il legame tra commercio di prossimità e Terzo Settore non è un’esclusiva di San Benedetto del Tronto: riguarda anche vari altri territori e diverse realtà. Tra cui proprio Marketpass.

Laboratorio Parma

Come abbiamo già visto, da diversi mesi, TreCuori sta promuovendo sui territori la sua piattaforma di commercio digitale per PMI Marketpass. Lo fa grazie ai rapporti con le imprese cui eroga già servizi di welfare aziendale (la principale attività di TreCuori), ma anche con enti locali, associazioni di categoria e, ora, anche con realtà del Terzo Settore.

È il caso della provincia di Parma, dove TreCuori ha coinvolto anche il Forum Terzo Settore locale“Ci ha fatti incontrare l’Università di Parma (che ha realizzato una ricerca su Marketpass, ndr) e abbiamo sostenuto l’iniziativa perché pensiamo che il commercio di vicinato e le PMI siano importanti per la nostra struttura sociale”, spiega Eugenio Caggiati, ex portavoce del Forum Terzo Settore provinciale di Parma, in carica quando la collaborazione è iniziata.

“Il nostro accordo con TreCuori è informare i nostri appartenenti e diffondere l’iniziativa”, spiega l’attuale portavoce del Forum, Roberto Berselli. Concretamente, si tratta di far conoscere Marketpass a tutte le persone che fanno parte dei 150 enti del Terzo Settore di cui il Forum è composto, per spingerle a spendere online, comprando i prodotti delle PMI presenti sulla piattaforma. In questo modo, spiega il direttore di TreCuori Alberto Fraticelli, “le risorse rimangono sul territorio e migliorano la prosperità e il benessere di quell’area”.

Non solo. A vendere su Marketpass potrebbero essere anche gli stessi enti del Terzo Settore, offrendo servizi sociali o sanitari tramite l’acquisto di buoni o voucher. Si va dai baby sitter agli assistenti familiari, dai entri estivi al sostegno psicologico e, potenzialmente, ai posti in Rsa. “Spazi di interesse ci sono”, commenta Berselli “perché c’è una domanda crescente che non trova risposta nel pubblico che va soddisfatta”.

Questa possibilità rafforzerebbe ulteriormente l’economia del territorio, non coinvolgendo solo il commercio di prossimità e le PMI ma, potenzialmente, aprendo nuove possibilità economiche anche per la cooperazione sociale e le associazioni di promozione sociale. Tecnicamente è possibile, “ma non so se siamo pronti” confida Berselli.

A suo avviso, ci sono due “limiti culturali” da superare. Il primo è passare dall’erogazione di servizi in accreditamento col pubblico a servizi forniti direttamente ai privati. Quest’ultimo, dice, “è solitamente patrimonio di realtà più grandi e strutturate, non delle piccole”. Il secondo limite ha più a che fare con le piattaforme digitali, soprattutto quelle come Marketpass che sono generaliste e al cui interno si può trovare un po’ di tutto. Per Berselli, non è immediato proporre servizi di Terzo Settore insieme a chi vende macchinette del caffè e pacchetti vacanze”.

Gli enti del Terzo Settore, insomma, andranno convinti. TreCuori, che da tempo lavora col non profit per diverse altre sue iniziative, potrebbe essere il partner giusto per farlo. A Parma, e non solo. Per capire se ci riuscirà davvero, però, sembra servire ancora parecchio tempo.

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La vendita di beni e servizi sui territori, ibrido tra online e offline, crea identità e rafforza relazioni secondo un’indagine curata da From a Bari.

 

Tra mare e montagna, tra acqua e neve, tra tavole da windsurf e snowboard. A Bari due fratelli con la passione per gli sport alternativi trasformata in lavoro hanno deciso di unire mondi diversi e di ripensare la relazione con la propria clientela che diventa community. «Abbiamo aperto il negozio quasi vent’anni fa. Il nostro è un commercio di nicchia che però col tempo si estende. Sin dall’inizio abbiamo pensato di accompagnare le persone – e soprattutto i bambini – a praticare i nostri sport, quelli che in gioventù hanno segnato la nostra vita», afferma Fabrizio Iacobazzi, quarantenne barese titolare di Impact Shop col fratello Jean. Siamo a San Girolamo, quartiere che guarda al mare a nord-ovest della città, poco distante dal faro. Negli anni lo spazio è diventato un riferimento per gli sport acquatici e da scivolamento. Qui non si acquista soltanto, ma si vivono esperienze. C’è la rampa da skate interna per training indoor, ci sono i servizi di noleggio e scuola, c’è la riparazione delle vele. Lo spazio si estende per quasi 400 metri quadrati tra magazzino e zona espositiva, ma quello online arriva ovunque nel mondo interconnettendo storie, relazioni, passioni.

 Negozi di prossimità come patrimonio pubblico

«Un terzo del nostro fatturato arriva dalla vendita online. Vendiamo in tutta Europa e poi in Giappone, negli Stati Uniti e in Cina. La semplice passione che ti accomuna davanti a una tavola di windsurf crea relazione. Il paradosso? Vendiamo snowboard a centinaia di chilometri dalla prima montagna», dice Iacobazzi. In realtà una spiegazione c’è e si coglie nella costanza di un contatto che si rafforza nel tempo: i due fratelli per anni tutti i fine settimana hanno organizzato pullman per andare in montagna a praticare gli sport. Così un negozio oggi vive grazie a una serie di servizi che dalla fisicità si spostano alla virtualità. Andata e ritorno nel segno della relazione. Un’idea che anche in America, terra dei non-luoghi, ha permesso alle filiali bancarie di mutare pelle diventando business center: erogano più servizi mettendo al centro il cliente. Benvenuti nell’economia di prossimitàibrido che crea identità e rafforza relazioni. È quanto emerge dalla ricerca che a Bari ha coinvolto negozi e botteghe. «Alla base c’è la visione che i negozi di prossimità e l’impatto economico che generano sono un patrimonio pubblico che migliora la qualità della vita urbana. Non solo rafforzano l’identità e preservano la storia locale, ma rendono anche più accessibili i servizi, arricchiscono lo spazio condiviso e rafforzano il tessuto sociale. Dall’altra parte aumentano l’attrattività verso talenti, investimenti, turisti e nuovi abitanti», afferma Stefano Daelli, co-autore di “Molto più di un negozio”, ricerca curata da From, agenzia che si occupa di rigenerazione territoriale, strategie e politiche urbane.

La dimensione sociale 

L’indagine è stata promossa dal Distretto Urbano del Commercio nel quadro del programma di Bari 2022-24 del Comune di Bari. Intanto in Europa il commercio impiega quasi 30 milioni di persone per 5,5 milioni di aziende che servono ogni giorno 450 milioni di consumatori. «Ci sono tre leve per andare oltre la vendita e diventare protagonisti nel proprio contesto territoriale e sociale: migliorare lo spazio e l’estetica del negozio e delle aree circostanti, innovare l’offerta e fornire consulenze specializzate, animare una comunità basata sul quartiere o su interessi comuni formando alleanze con altre attività o associazioni. I social possono trasformare una piccola bottega in una media company con un pubblico enorme. Non è solo interscambio di beni e servizi, ma fusione di interessi che alimenta il tessuto di città in cui tutti vivono meglio», precisa Daelli.

Un terreno ibrido tra virtualità e fisicità

Si parla di economia, ma in ballo ci sono dimensioni sociali. «In fondo l’economia della prossimità fa riferimento a un tessuto socio-economico che si basa su relazioni di vicinato che ruotano sulla dimensione territoriale», afferma Cecilia Manzo, docente di sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università Cattolica del Sacro Cuore. La partita si gioca su un terreno ibrido tra fisicità e virtualità. La rete incrementa la portata valoriale degli spazi e il negozio online diventa grande quanto il mondo intero. «I social rafforzano un legame creato offline nel proprio quartiere. I negozi di vicinato o prossimità si distinguono per essere capaci di offrire, oltre alla transizione economica, una dimensione sociale che si svolge al di fuori della sfera domestica e amicale. L’elemento valoriale è duplice perché il consumatore è anche cittadino. Quindi nel far parte della community esprime anche l’appartenenza al luogo. Le piattaforme intermediano rapporti sociali e attivano processi di astrazione connettendo globale e locale. Nell’economia della prossimità il digitale rafforza la relazione locale, ma può diventare un’occasione per creare nuove relazioni con un vicinato globale», precisa Manzo. Così paradossalmente siamo sempre più connessi, eppure siamo anche più ancorati come calamite agli spazi fisici che ci connettono.

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